25 gennaio 2011

Questa è la storia di Agadir

Questa è la storia di Agadir, un bambino indiano che ogni mattina si sveglia prima degli altri bambini per fare colazione con sua sorella. I genitori di Agadir e Lettra hanno una tenda di alimentari sotto casa, nel Raval. La sveglia suonava alle sei e tutte le mattine, prima di uscire, la mano della mamma passava dolcemente sulla fronte di Agadir per svegliarlo. Erano le sette meno dieci e nonostante il gran sole, fuori faceva freddo. Strisciando le vecchie pantofole del padre fino al bagno, accese la luce al neon che, lampeggiando per qualche secondo, decise alla fine di svegliarsi. L'acqua era gelida e l'impatto con il viso brutale, come uno degli schiaffi che suo padre gli tirava da piccolo quando faceva pipì a letto. Lo specchio in cima al lavandino è scheggiato e taglia il suo viso esattamente a metà, dal sopracciglio sinistro alla guancia destra. -Buongiorno Agadir, disse sorridendo. Tamponandosi la faccia con un asciugamano incartapecorito di mille lavaggi senza ammorbidente uscì dal bagno. Le pantofole nemmeno si alzavano dal suolo da tanto gli pesavano. Entrando in camera di sua sorella, inciampò in un gioco di gomma che venne catapultato contro l'armadio facendo un fracasso incredibile. Sua sorella mugugnò per qualche secondo sotto le coperte, rigirandosi dall'altro lato. Con la stessa dolcezza di sua madre, passava la mano sulla fronte di Lettra qualche secondo prima di aprire la persiana e lasciare che quel sole invadente entrasse nella stanza buia. La stanza era un disastro, giocattoli ovunque, vestiti ammucchiati sulle sedie e problema di umidità che impestava di muffa quell'angolo del soffitto. Lettra era rannicchiata contro la parete con la testa sotto le coperte, non si muoveva. Agadir decise di concederle altri due minuti di sonno dirigendosi verso la cucina per riscaldare il latte e tirare fuori i biscotti. -Niente gas, oggi venivano a rifare le tubature, niente gas tutta la mattina, ripeté come una filastrocca prima che un tonfo e un gemito nel corridoio lo facessero correre di là. Lettra era per terra, pancia in giù sul pavimento freddo. Muoveva le braccia come se nuotasse, ma ad ogni bracciata le mani si scontravano con il marmo, e piangeva. -Quante volte, Lettra, quante volte te l'ho detto? Non rispose. La sollevò avvolgendole la pancia con le braccia, la vestaglia era umida. -Forza, andiamo in doccia. Non rispose. Niente gas, niente acqua calda. Niente acqua calda, niente doccia? Mentre si dimenava sotto il getto ghiacciato, Agadir cercava di insaponarla il più veloce possibile per evitare che le sue urla disturbassero il portinaio che viveva al piano di sopra. Lettra stava seduta sul water, braccia conserte, e grugno dipinto in viso. Guardava suo fratello mentre la vestiva dal basso verso l'alto, osservando ogni suo movimento. - Oggi non c'è gas, non è colpa mia! Il grugno sparì dal suo volto lasciando spazio ad un sorriso enorme mentre allargava le braccia alla ricerca di un abbraccio. Era gratitudine. Una volta infilate le scarpe, il cappotto e la sciarpa ben stretta, era il momento di scendere le scale. Lettra si sosteneva grazie alla mano sinistra aggrappata al corrimano e ad Agadir che la sosteneva con il braccio sinistro attorno alla vita, mentre con il destro reggeva le cartelle piene di libri. Così per tre piani. -Ancora casino, Agadir. La prossima volta che quella ritardata di tua sorella mi sveglia alle sette, chiamo l'amministratore e vi faccio sfrattare, a te e a tutta la tua famiglia. - disse il portinaio incontrandoli sul portone. Agadir non ci fece caso, ma notò che in mano aveva due sacchetti dell'alimentari dei suoi genitori. La strada fino a scuola era lunga e pericolosa, soprattutto per sua sorella che vacillava ad ogni passo. La gamba destra strisciava per terra mentre il problema al ginocchio sinistro le girava il piede verso l'interno. Agadir era costretto a sostenerla ad ogni passo mentre i suoi compagni di classe gli sfrecciavano affianco correndo e spingendosi tra di loro. Prima di svoltare l'angolo si fermò per sistemare il cappello e la sciarpa a Lettra, che noncurante seguiva tranquilla un'opera per lei molto più importante: finire quel pacchetto di biscotti. Le briciole le riempivano guance e naso. Agadir le passò la mano sul volto per pulirlo mentre gli occhi della sorella lentamente si alzavano dal pacchetto incrociandosi con i suoi. Rimasero così qualche secondo, entrambi seri. -Non c'è di che, sorellina. Lei non parlò. La prese per mano, girò l'angolo, entrò a scuola salutando il bidello e accompagnò sua sorella in 4'A, all'insegnante di sostegno. Poi scese un piano ed entrò in classe sua, la 2'B.

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