- Se almeno smettesse di piovere riuscirei a pensare senza tutto questo rumore di sottofondo.
Immaginate. Immaginate una ragazza, sola, sotto una battente pioggia gelida.
- Appena arrivo a casa mi faccio un toast con le sottilette e un the caldo. Mi sto congelando i piedi.
È senza scarpe. Le ha perse nel capannone, forse scendendo dalla macchina o quando la rincorrevano i
ragazzi. Sembra un’orfanella alla fermata dell’autobus. Solo che qui non c’è nessuno, solo una strada buia
costeggiata da campi impantanati. Cammina seguendo la linea bianca sul costato dell’asfalto nero pece.
- Devo chiamare Viola, le scappa a voce alta.
Tastandosi le tasche del vestito in cerca del cellulare si accorge di non averlo. Quello lo aveva perso nel
pantano del rave, mentre saltava giusto sotto il palco, con gli altoparlanti che le perforavano i timpani.
Il giorno prima era stanca, tornava da danza e non aveva voglia di andarci. Ma suo fratello aveva insistito così
tanto che alla fine aveva ceduto.
-Se non vieni tu i miei amici non mi danno un passaggio in macchina e se devo prendere il furgone di papà
poi non posso bere e mi rovino la festa.
-Ok, si era limitata a dire.
Non le erano mai piaciuti gli amici di suo fratello, erano male educati e ruttavano senza vergogna davanti a
tutti. E poi si drogavano e quello che non si facevano lo vendevano ad altra gente per poi comprarsi altra
roba con i soldi guadagnati. Una volta era uscita da scuola due ore prima, alle dieci. Credeva non ci fosse
nessuno in casa ma la saracinesca del garage era socchiusa. Se la sarà dimenticata papà andando al lavoro.
Ma sollevandola si trovò di fronte il tavolo di plastica bianco del giardino completamente pieno di sacchetti
trasparenti di ogni dimensione, un bilancino microscopico di alluminio e tanta, tantissima polvere bianca
raggruppata a mucchietti a forma di cono. Suo fratello e i suoi amici stavano “smazzando”, così lo
chiamavano loro. C’erano anche delle ragazze mezze nude e con delle occhiaie violacee sotto gli occhi.
Non aveva detto niente a suoi, quelli erano affari di suo fratello e a lei non importavano. Anche perchè se gli
avesse detto qualcosa, lo avrebbero certamente rispedito in clinica. E sarebbe stata la quarta, no la quinta
volta.
Quella sera avevano drogato anche lei. Il cuba libre che stava bevendo era diventato amaro e tutto d’un tratto
aveva una schiuma bianca sulla superficie. Poi aveva cominciato ad avere caldo e voglia di ballare. La musica
faceva schifo ma sentire i bassi che le rimbalzavano dentro il corpo era piacevole e divertente.
Vide suo fratello andarsene nel bosco con la sorella di un suo amico, una tizia che ogni tanto si faceva. Era
bella ma se la erano passata quasi tutti, a volte era consenziente e a volte no.
-La prossima sei tu.
Si voltò ma non c’era nessuno.
-È ora di andare!
-Cosa?
-Che é ora di andare!!
-Ok, cerco mio fratello
-È già alla macchina, andiamo.
Si incamminarono nello spiazzo fangoso, con una torcia elettrica. Lei e altri tre. Aveva voglia di continuare a
ballare, alla fine non era poi tanto male quella festa. Quando trovarono la macchina si accorse che era buia a
vuota.
- Magari sta dormendo sul sedile posteriore, pensò. Ma era ovvio che se suo fratello stava dormendo da
qualche parte, quella parte era nel bosco con la sorella del suo amico.
Stava in piedi nel capannone, i fari puntati contro, le portiere aperte e musica altissima. I ragazzi si stavano
bevendo una birra e aspettavano che le salisse l’effetto della seconda dose che le avevano dato. Quando
cominciò a ridere da sola, i ragazzi si guardarono tra loro e risero a loro volta. Cominciò il più grande di tutti
e di seguito gli altri due.
Quando ebbero finito la lasciarono sul ciglio della provinciale, in un posto indefinito nel mezzo del buio.
Era domenica e pioveva.
-Per lo meno mi sono tolta un peso. Così è stato molto più facile, niente domande niente risposte. Semplice
e veloce. Sono una donna adesso, devo raccontarlo alle ragazze, non ci crederanno.
Poi vide davanti a sé la sua ombra affusolata proiettata sull’asfalto bagnato. I fari di una macchina. Domenica
notte, su una provinciale. Non prospettava bene come cosa, ma dopo tutto quello che le era successo quella
notte non aveva più paura di nulla.
La macchina rallenta. Un tizio abbassa il finestrino e si sporge sul sedile del passeggero.
-Ti do uno strappo, baby?
Non risponde, guardava dritto di fronte a sé.
Poi si ferma. Si guarda indietro, aveva fatto si e no un chilometro in una ora. Guarda il cielo, nessuno a
guardarla, come sempre, del resto. Apre la portiera della macchina ed entra nell’abitacolo.
La macchina partì a razzo mentre il tizio alzava il volume della radio.
Trasmettevano i Creedence Clearwater Revival, Have you ever seen the rain.